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"Allora... Ciao". Ho coperto il buco e me ne sono andato.

Mentre pedalavo verso Acqua Traverse, pensavo alla pentola che avevo trovato nella cascina.

Mi sembrava strano che era uguale alla nostra.

Non lo so, forse perché Maria aveva scelto quella tra tante. Come se fosse speciale, più bella, con quelle mele rosse.

Sono arrivato a casa giusto in tempo per il pranzo.

"Veloce, vatti a lavare le mani," mi ha detto papà. Era seduto a tavola accanto a mia sorella.

Aspettavano che mamma scolava la pastasciutta.

Sono corso in bagno e mi sono sfregato le mani con il sapone, mi sono fatto la riga a destra e li ho raggiunti mentre mamma riempiva i piatti di pasta.

Non usava la pentola con le mele. Ho guardato le stoviglie ad asciugare sul lavello, ma anche lì non l'ho vista. Doveva essere nella credenza.

"Tra un paio di giorni viene a stare qui una persona," ha detto papà con il boccone in bocca. "Dovete fare i bravi. Niente pianti e urli. Non mi fate fare figure di merda.

Ho chiesto: "Chi è questa per sona?

Si è versato un bicchiere di vino. "E' un amico mio.

"Come si chiama?" ha domandato mia sorella.

"Sergio.

"Sergio," ha ripetuto Maria. "Che nome buffo.

Era la prima volta che veniva uno a stare da noi.

A Natale venivano gli zii ma non rimanevano a dormire quasi mai. Non c'era posto. Ho chiesto: "E quanto sta?

Papà si è riempito il piatto di nuovo. "Un po'.

Mamma ci ha messo davanti la fettina di carne.

Era mercoledì. E il mercoledì era il giorno della fettina.

La fettina che fa bene e che a me e a mia sorella faceva schifo. Io, con uno sforzo enorme, quella suoletta dura e insipida la buttavo giù, mia sorella no.

Maria poteva masticarla per ore fino a quando diventava una palla bianca e stopposa che le si gonfiava in bocca. E quando non ce la faceva proprio più l'appiccicava sotto il tavolo. Lì la carne fermentava. Mamma non si raccapez-zava. "Ma da dove viene questa puzza? Ma che sarà?" Fino a quando, un giorno, ha sfilato il cassetto delle posate e ha trovato tutte quelle orrende pallottole attaccate alle assi come alveari.

Ma oramai il trucco era stato scoperto.

Maria ha cominciato a lamentarsi. "Non la voglio! Non mi piace!

Mamma si è arrabbiata subito. "Maria, mangia quella carne!

"Non posso. Mi fa venire il male alla testa," ha detto mia sorella come se le offrissero del veleno.

Mamma le ha mollato uno scapaccione e Maria ha cominciato a frignare.

Ora finisce a letto, ho pensato.

Ma papà invece ha preso il piatto e ha guardato mamma negli occhi. "Lasciala stare, Teresa.

Non mangerà. Pazienza. Mettila da parte.

Dopo mangiato i miei genitori sono andati a riposare. La casa era un forno, ma loro riuscivano a dormire lo stesso.

Era il momento adatto per cercare la pentola.

Ho aperto la credenza e ho rovistato tra le stoviglie. Ho guardato nel cas-settone dove mettevamo le cose che non si usavano più. Sono uscito fuori e sono andato dietro casa dove c'era il lavatoio, l'orto e i fili con i panni stesi.

Ogni tanto mamma lavava li le stoviglie e poi le faceva asciugare al sole.

Niente. La pentola con le mele era scomparsa.

Ce ne stavamo sotto la pergola a giocare a sputo nell'oceano e ad aspettare che il sole se ne calasse un po' per farci una partita a calcio, quando ho visto papà che scendeva le scale, con i pantaloni buoni e la camicia pulita. In mano stringeva una borsa blu che non avevo mai visto.

Io e Maria ci siamo alzati e l'abbiamo raggiunto mentre saliva sul camion.

"Papà, papà, dove vai? Parti?" gli ho domandato attaccato alla portiera.

"Possiamo venire con te?" ha implorato mia sorella.

Un bel giro in camion ci voleva proprio. Ci ricordavamo tutti e due di quando ci aveva portato a mangiare i rustici e le paste alla crema.

Ha acceso il motore. "Mi dispiace, ragazzi. Oggi no.

Ho cercato d'infilarmi dentro la cabina. "Ma avevi detto che non partivi più, che stavi a casa...

"Torno presto. Domani o dopodomani. Scendete, forza". Andava di fretta.

Non aveva voglia di discutere.

Mia sorella ha provato ancora un po' a insistere. Io no, tanto non c'era niente da fare.

Lo abbiamo guardato allontanarsi nella polvere, al volante della sua grossa scatola verde.

Mi sono svegliato durante la notte.

E non per un sogno. Per un rumore.

Sono rimasto così, a occhi chiusi, ad ascoltare.

Mi sembrava di essere a mare. Lo sentivo. Solo che era un mare di ferro, un oceano pigro di bulloni, viti e chiodi che lambiva la riva di una spiaggia.

Are sens