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Non avevo potuto fare a meno di guardargliele. Erano le prime tette che vedevo in vita mia, se escludo quelle di mamma. Forse una volta, quando era venuta a dormire da noi, avevo visto quelle di mia cugina Evelina, che aveva dieci anni più di me. Comunque già mi ero fatto un'idea delle tette che mi piacevano e quelle di Barbara non mi piacevano per niente. Sembravano scamorze, delle pieghe di pelle, non molto differenti dai rotoli di ciccia che aveva sulla pancia.

Quella storia Barbara se l'era legata al dito e adesso voleva pareggiare i conti con il Teschio.

"Così tu vai a raccontare in giro che io avrei dato da mangiare il mio bassotto ai maiali". Melichetti si è grattato il petto. "Augusto, si chiamava quel cane. Come l'imperatore romano. Aveva tredici anni quando è morto. Un osso di pollo gli si è piantato in gola. Ha avuto un funerale da cristiano, con tanto di fossa". Ha puntato il dito contro il Teschio. "Tu, ragazzino, ci scommetto, sei il più grande, vero?

Il Teschio non ha risposto.

"Non devi mai dire bugie. E non devi infangare il nome degli altri. Devi dire la verità, specialmente a chi è più piccolo di te. La verità, sempre. Di fronte agli uomini, al Padreterno, e a te stesso, hai capito?" Sembrava un prete che ti fa la predica.

"Non faceva nemmeno pipì in casa?" ha insistito Barbara.

Melichetti ha provato a fare no con la testa, ma il collare glielo impediva.

"Era un cane educato.

Gran cacciatore di topi. Pace all'anima sua". Ha indicato il fontanile. "Se avete sete laggiù c'è l'acqua. La migliore di tutta la regione. E non è una fesse-ria.

Abbiamo bevuto fino a scoppiare. Era fresca e buona. Poi abbiamo preso a schizzarci e a infilare la testa sotto la canna.

Il Teschio ha cominciato a dire che Melichetti era un pezzo di merda. E sapeva per certo che quel vecchio scemo aveva dato il bassotto da mangiare ai maiali.

Ha fissato Barbara e ha detto: "Questa me la paghi". Se n'è andato borbot-tando e si è seduto per conto suo dall'altra parte della strada.

Io, Salvatore e Remo ci siamo messi ad acchiappare girini. Mia sorella e Barbara si sono appollaiate sul bordo del fontanile e hanno immerso i piedi nell'acqua.

Dopo qualche minuto il Teschio è tornato, tutto eccitato.

"Guardate! Guardate! Guardate com'è grossa!

Ci siamo voltati. "Cosa?

"Quella.

Era una collina.

Sembrava un panettone. Un enorme panettone posato da un gigante sulla pianura. Si sollevava di fronte a noi a un paio di chilometri. Dorata e immensa. Il grano la copriva come una pelliccia. Non c'era un albero, una punta, un'imperfezione che ne rovinava il profilo. Il cielo, intorno, era liquido e sporco. Le altre colline, dietro, sembravano nani in confronto a quella cupola enorme.

Chissà come mai fino a quel momento nessuno di noi l'aveva notata. L'avevamo vista, ma senza vederla veramente. Forse perché si confondeva con il paesaggio. Forse perché eravamo stati tutti con gli occhi puntati sulla strada a scovare la fattoria di Melichetti.

"Scaliamola". Il Teschio l'ha indicata. "Scaliamo quella montagna.

Ho detto: "Chissà cosa ci sarà lassù.

Doveva essere un posto incredibile, magari ci viveva qualche animale strano. Così in alto nessuno di noi era mai salito.

Salvatore si è riparato gli occhi con la mano e ha scrutato la cima. "Ci scommetto che da là sopra si vede il mare. Si, la dobbiamo scalare.

Siamo rimasti a guardarla in silenzio.

Quella era un'avventura, altro che i maiali di Melichetti.

"E sul cocuzzolo ci mettiamo la nostra bandiera. Così se qualcuno ci salirà, capirà che siamo arrivati prima noi," ho fatto io.

"Che bandiera? Non abbiamo la bandiera," ha detto Salvatore.

"Ci mettiamo la gallina.

Il Teschio ha afferrato il sacco dove stava il volatile e ha cominciato a farlo girare in aria. "Giusto! Le tiriamo il collo e poi le infiliamo una mazza in culo e la piantiamo per terra. Rimarrà lo scheletro. La porto su io.

Una gallina impalata potevano prenderla per un segno delle streghe.

Ma il Teschio ha tirato fuori l'asso. "Dritti, su per la collina. Niente curve. E'

vietato stare uno dietro l'altro. E' vietato fermarsi. Chi arriva ultimo paga penitenza.

Siamo rimasti senza parole.

Una gara! Perché?

Era chiaro. Per vendicarsi di Barbara. Sarebbe arrivata ultima e avrebbe pagato.

Ho pensato a mia sorella. Ho detto che era troppo piccola per gareggiare e che non era valido, avrebbe perso.

Barbara ha fatto di no con il dito. Aveva capito la sorpresina che le stava preparando il Teschio.

"Che c'entra? Una gara è una gara. E' venuta con noi. Sennò ci deve aspettare giù.

Questo non si poteva fare. Non potevo lasciare Maria. La storia dei coccodrilli continuava a ronzarmi in testa. Melichetti era stato gentile, ma non bisognava fidarsi troppo. Se l'ammazzava, io poi che raccontavo a mamma?

"Se mia sorella resta, resto anch'io.

Ci si è messa pure Maria. "Non sono piccola!

Voglio fare la gara.

"Tu stai zitta!

Ci ha pensato il Teschio a risolvere. Poteva venire, ma non gareggiava.

Abbiamo buttato le biciclette dietro il fontanile e siamo partiti.

Ecco perché mi trovavo sopra quella collina.

Ho rimesso la scarpa a Maria.

"Ce la fai a camminare?

"No. Mi fa troppo male.

Are sens