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Il Teschio si è massaggiato la gola. La sua mente bastarda si è messa al la-voro.

Ha tentennato un istante. "Ce la devi... far vedere. .. Ce la devi far vedere a tutti.

Barbara ha barcollato. "Cosa vi devo far vedere?

"L'altra volta ci hai fatto vedere le tette". E rivolgendosi a noi. "Questa volta ci fa vedere la fessa. La fessa pelosa. Ti abbassi le mutande e ce la fai vedere". Si è messo a sghignazzare aspettandosi che anche noi avremmo fatto lo stesso, ma non è stato così. Siamo rimasti gelati, come se un vento del Polo Nord si fosse improvvisamente infilato nella valle.

Era una penitenza esagerata. Nessuno di noi aveva voglia di vedere la fessa di Barbara. Era una penitenza pure per noi. Lo stomaco mi si è stretto. Desi-

deravo essere lontano. C'era qualcosa di sporco, di... Non lo so. Di brutto, ec-co. E mi dava fastidio che ci fosse mia sorella lì.

"Te lo puoi scordare," ha fatto Barbara scuotendo la testa. "Non m'importa se mi picchi.

Il Teschio si è messo in piedi e le si è avvicinato con le mani in tasca. Tra i denti stringeva una spiga di grano.

Le si è parato davanti. Ha allungato il collo.

Non è che poi era tanto più alto di Barbara. E nemmeno tanto più forte.

Non ci avrei messo una mano sul fuoco che se il Teschio e Barbara facevano a botte, il Teschio aveva la meglio tanto facilmente. Se Barbara lo buttava a terra e gli saltava sopra lo poteva pure soffocare.

"Hai perso. Ora ti abbassi i pantaloni. Così impari a fare la stronza.

"No!

Il Teschio le ha dato uno schiaffo.

Barbara ha spalancato la bocca come una trota e si è massaggiata la guancia. Ancora non piangeva. Si è girata verso di noi.

"Non dite niente voi?" ha piagnucolato. "Siete come lui!

Noi zitti.

"Va bene. Ma non mi vedrete mai più. Lo giuro sulla testa di mia madre.

"Che fai, piangi?" Il Teschio se la godeva da matti.

"No, non piango," è riuscita a dire trattenendo i singhiozzi.

Aveva dei pantaloni di cotone verdi con le toppe marroni sulle ginocchia, di quelli che si compravano al mercato dell'usato. Le andavano stretti e la ciccia le ricadeva sopra la cinta. Si è aperta la fibbia e ha cominciato a slacciarsi i bottoni.

Ho intravisto le mutande bianche con dei fiorellini gialli. "Aspetta! Io sono arrivato ultimo," ho sentito che diceva la mia voce.

Tutti si sono girati.

"Si," ho inghiottito. "La voglio fare io.

"Cosa?" mi ha chiesto Remo.

"La penitenza.

"No. Tocca a lei," mi ha fulminato il Teschio.

"Tu non c'entri niente. Stai zitto.

"C'entro, invece. Io sono arrivato ultimo. La devo fare io.

"No. Decido io". Il Teschio mi è venuto incontro.

Mi tremavano le gambe, ma speravo che nessuno se ne accorgesse. "Rifac-ciamo la votazione.

Salvatore si è messo tra me e il Teschio. "Si può rifare.

Tra noi esistevano delle regole e tra queste c'era che una votazione si poteva rifare.

Ho alzato la mano. "Tocca a me.

Salvatore ha alzato la mano. "Tocca a Michele.

Barbara si è riallacciata la cinta e ha singhiozzato. "Tocca a lui. E' giusto.

Il Teschio è stato preso alla sprovvista, ha fissato Remo con gli occhi da pazzo. "E tu?

Remo ha sospirato. "Tocca a Barbara.

"Che devo fare?" ha chiesto Maria.

Le ho fatto segno di sì con la testa.

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