Speravo che il Teschio, per una volta, me la potesse abbonare o spostare a un altro giorno.
"Il Teschio.
"E tu?
"Secondo. Poi Remo.
"Barbara?
"Ultima. Come al solito.
"La penitenza chi la deve fare?
"Il Teschio dice che la deve fare Barbara. Barbara però dice che la devi fare tu perché sei arrivato ultimo.
"E allora?
"Non lo so, me ne sono andato a fare un giro.
Mi hanno rotto queste penitenze.
Ci siamo incamminati verso la casa.
Si reggeva in piedi per scommessa. Sorgeva al centro di uno spiazzo di terra coperto dai rami delle querce. Crepe profonde l'attraversavano dalle fon-damenta fino al tetto. Degli infissi erano rimaste solo le tracce. Un fico, tutto annodato, era cresciuto sopra le scale che portavano al balcone. Le radici avevano smantellato i gradini di pietra e fatto crollare il parapetto. Sopra c'era ancora una vecchia porta colorata d'azzurro, marcia fino all'osso e scrostata dal sole. Al centro della costruzione un grande arco si apriva su una stanza con il soffitto a volta. Una stalla. Puntelli arrugginiti e pali di legno sostenevano il solaio che in molti punti era crollato. A terra c'era letame rinsecchito, cenere, mucchi di mattonelle e calcinacci. I muri avevano perso gran parte dell'intonaco e mostravano i sassi poggiati a secco.
Il Teschio era seduto su un cassone dell'acqua.
Tirava sassi contro un bidone arrugginito e ci osservava. "Ce l'hai fatta," e ha aggiunto per precisione: "Questo posto è mio.
"Come è tuo?
"E' mio. Io l'ho visto per primo. Le cose sono di chi le trova per primo.
Sono stato spinto in avanti e per poco non finivo faccia a terra. Mi sono voltato.
Barbara, tutta rossa, la maglietta sporca, i capelli arruffati, mi è venuta addosso pronta a fare a botte. "Tocca a te. Tu sei arrivato ultimo. Hai perso!
Ho messo i pugni avanti. "Sono tornato indietro. Sennò arrivavo terzo. Lo sai.
"Che c'entra? Hai perso!
"A chi tocca fare la penitenza?" ho domandato al Teschio. "A me o a lei?
Si è preso tutto il tempo per rispondere, poi ha indicato Barbara.
"Hai visto? Hai visto?" Ho amato il Teschio.
Barbara ha cominciato a dare calci nella polvere. "Non è giusto! Non è giusto! Sempre a me!
Perché sempre a me?
Non lo sapevo. Ma sapevo che c'è sempre uno che si becca tutta la sfortu-na. In quei giorni era Barbara Mura, la cicciona, era lei l'agnello che toglie i peccati.
Mi dispiaceva, ma ero felice di non essere io al posto suo.
Barbara si aggirava tra noi come un rinoceronte.
"Facciamo la votazione, allora! Non può decidere tutto lui.
A distanza di ventidue anni non ho ancora capito come faceva a sopportar-ci. Doveva essere per la paura di rimanere da sola.
"Va bene. Facciamo la votazione," ha concesso il Teschio. "Io dico che tocca a te.
"Pure io," ho detto.
"Pure io," ha ripetuto a pappagallo Maria.
Abbiamo guardato Salvatore. Nessuno poteva astenersi, quando c'era la votazione. Era la regola.
"Pure io," ha fatto Salvatore, quasi sussurrando.
"Visto? Cinque contro uno. Hai perso. Tocca a te," ha concluso il Teschio.
Barbara ha stretto le labbra e i pugni, ho visto che deglutiva una specie di palla da tennis. Ha abbassato la testa, ma non ha pianto.
L'ho rispettata.
"Che... devo fare?" ha balbettato.