un piccolo essere senza soccorso e senza difesa. Pensate che quando rientro in casa la sera, finito il mio lavoro, ho un fratello che mi somiglia. Forse allora non penserete male di me, e non vi sorprenderete più dei miei affanni e delle mie tristezze. Buona sera!
Diedi la mano alla signorina Mowcher con un’opinione di lei diversa da quella avuta sino allora, e apersi la porta per lasciarla uscire. Non fu un’inezia aprirle l’ombrello, e lasciarglielo bene equilibrato in mano; ma finalmente me la cavai onorevolmente, e lo vidi allontanarsi dondolando sotto la pioggia, senza far parere che avesse nulla al di sotto, eccetto quando la violenta cascata d’una grondaia troppo piena lo faceva traboccare da un lato, scoprendo la signorina Mowcher che lottava energicamente per raddrizzarlo. Dopo aver fatto una o due sortite in suo soccorso, rese inutili dallo strano contegno dell’ombrello, che si metteva a saltellare come un uccellaccio, prima di farsi raggiungere, rientrai in casa, andai a letto, e dormii fino alla mattina.
La mattina presto mi vennero a trovare il pescatore Peggotty e la mia vecchia governante, e andammo subito all’ufficio della diligenza, dove ci aspettavano per sa-lutarci la signora Gummidge e Cam.
– Signorino Davy – bisbigliò Cam, traendomi in disparte, mentre il pescatore Peggotty metteva il suo sacco fra i bagagli: – la sua vita è come infranta. Egli non sa dove vada; non sa ciò che l’aspetta; e parte per un 826
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viaggio che durerà per tutto il resto dei suoi giorni, sia-tene pur certo, se non troverà ciò che va cercando. Son sicuro che avrà in voi un buon amico, signorino Davy.
– Fida su me – io dissi, stringendogli affettuosamente la mano.
– Grazie, signore. Grazie di cuore. Un’altra cosa. Io guadagno abbastanza, sapete, signorino Davy, e ora non avrei modo di spendere ciò che guadagno. Tranne quel poco che mi serve per campare, il resto m’è inutile. Se voi poteste spenderlo per lui, lavorerei con più tranquillità. Benché, quanto a questo, signore – continuò con tono dolce e fermo – siate pur certo che lavorerò sempre come un uomo, e m’ingegnerò meglio che sarà possibile.
Gli dissi che n’ero persuaso; e gli accennai che avevo la speranza di vederlo col tempo rinunciare alla vita solitaria che allora conduceva.
– No, signore – egli disse, scotendo il capo: – per me è finita assolutamente. Il vuoto che è in me non si riempi-rà più. Ma vi ricorderete del denaro, che sarà sempre in serbo per lui.
Promisi di ricordarmene, pur rammentandogli che il pescatore Peggotty godeva, per il lascito di suo cognato, una rendita modesta, ma sicura. Allora ci congedammo.
E neanche ora posso lasciarlo, senza sentire una trafittura, ricordando il suo coraggio semplice e insieme il suo 827
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gran cordoglio.
Quanto alla signora Gummidge, mi sarebbe molto difficile descrivere la sua corsa al fianco della diligenza, mentre non guardava ad altro che al pescatore Peggotty sull’imperiale, a traverso le lagrime che si sforzava di reprimere, urtando contro i passanti che arrivavano dal lato opposto. È meglio quindi lasciarla seduta sui gradini della bottega d’un fornaio, senza più fiato, col cappello che non aveva più forma, e una scarpa a una certa distanza sul lastricato.
Alla fine del nostro viaggio, prima nostra cura fu di cercare un piccolo alloggio per Peggotty, dove suo fratello potesse avere un letto. Fummo abbastanza fortunati da trovarne uno, molto pulito e a buon mercato, sulla bottega d’un droghiere, lontano soltanto due vie dal mio. Appigionata la casetta, comprai un po’ di carne in una trattoria, e condussi i miei compagni di viaggio a prendere il tè in casa mia, la qual cosa, mi rincresce di dire, non andò a verso della signora Crupp, tutt’altro! Debbo osservare, però, a spiegazione del sentimento di quella brava donna, che fu molto scandolezzata nel vedere Peggotty, dopo neppure dieci minuti ch’era in casa, rimboccarsi la veste vedovile, e mettersi alacremente a spolverare la mia camera da letto. Quest’atto fu giudicato dalla signora Crupp della massima libertà, ed ella non permetteva mai, mi disse, simili arroganze in casa sua.
Il pescatore Peggotty m’aveva comunicato, durante 828
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il viaggio, una risoluzione che m’attendevo. Questa: che si proponeva di fare una visita alla signora Steerforth.
Comprendendo esser mio dovere aiutarlo in questa impresa, e farmi mediatore fra loro due, cercando di non offendere, per quanto mi fosse possibile, i sentimenti d’una madre, le scrissi quella sera stessa. Spiegai, con la delicatezza che seppi maggiore, l’oltraggio fatto al pescatore Peggotty, e la mia parte nelle circostanze. Dissi ch’egli era di condizione umile, ma di carattere mite e nobile; e che m’avventuravo ad esprimere la speranza che ella non gli avrebbe rifiutato la consolazione di dargli udienza, nella sventura che lo accasciava. La prega-vo di riceverci alle due del pomeriggio, e mandai io stesso la lettera con la prima diligenza della mattina.
All’ora designata, noi stavamo alla porta – alla porta di quella casa, dove io ero stato così felice pochi giorni prima, e dove avevo goduto tanta fiducia e tanta cordialità; – a quella porta che d’allora in poi sarebbe stata chiusa per me, e che in quel momento mi sembrava una rovina desolata.
Littimer non apparve. Si vide al cancello il viso più piacevole che aveva sostituito il suo, in occasione della mia ultima visita, e ci condusse, precedendoci, nel salotto.
La signora Steerforth ci attendeva seduta. Rosa Dartle guizzò mentre noi entravamo, da un altro lato della stanza, e andò a mettersi in piedi dietro la poltrona della signora.
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Vidi subito, nel viso della madre, che sapeva tutto direttamente da suo figlio. Pallidissima, i suoi lineamenti mostravano tracce d’una commozione che la sola mia lettera, coi dubbi che le sarebbero stati certamente sug-geriti dalla sua tenerezza, non avrebbe potuto con tutta probabilità creare. In quel momento mi parve più che mai rassomigliante al figlio; e compresi, più che vedere, che al mio compagno quella rassomiglianza non era sfuggita.
Ella stava ritta sulla sedia, immobile, impassibile, come se nulla potesse turbarla. Diede uno sguardo severo al pescatore Peggotty, quando le fu dinanzi; ed egli la guardò con la stessa severità. Gli occhi penetranti della signorina Dartle frugavano nello stesso tempo in noi tutti. Per qualche momento non fu pronunziata una parola. Ella fece cenno al pescatore Peggotty di sedersi. Egli disse sottovoce: «Non mi parrebbe naturale, signora, di sedermi in questa casa. Preferisco rimanere in piedi». E seguì un altro silenzio, ch’ella ruppe dicendo:
– Ho appreso, potete figurarvi con quanto rammarico, la ragione che vi ha condotto qui. Che volete da me? Che chiedete che io faccia?
Egli si mise il cappello sotto l’ascella, e tastandosi in petto per cercar la lettera dell’Emilia, la trasse, la spiegò e gliela porse.
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– Per piacere, leggete, signora. È di mano di mia nipote.
Ella la lesse, con la stessa aria impassibile e grave – non commossa minimamente dal suo contenuto, come potei vedere – e gliela restituì.
«A meno che non mi riconduca sua moglie» – disse il pescatore Peggotty, mostrando quel passo con l’indice. –
Vengo per sapere, signora, se egli manterrà la parola.