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Charles Dickens David Copperfield

formale alla famiglia? Vi fu qualche cosa... una cerimonia come quella che dobbiamo affrontare oggi, per esempio? – aggiunsi con una certa commozione.

– Vedi – rispose Traddles, sulla cui faccia intenta era passata un’ombra pensosa: – nel mio caso, fu una cosa piuttosto melanconica, Copperfield. Sofia s’era resa così utile in casa, che nessuno poteva sopportare il pensiero che potesse mai maritarsi. Fra loro avevano già stabilito che ella non si sarebbe mai maritata, e la chiamavano la zitellona. Sicché, quando io, con le maggiori precauzioni, arrischiai una parola con la signora Crewler...

– La mamma? – dissi.

– Appunto – disse Traddles: – il padre è il reverendo Orazio Crewler... quando io arrischiai, con le maggiori precauzioni, una parola alla signora Crewler, l’effetto su di lei fu tale che cacciò uno strillo e svenne. Per molti mesi non potei parlare più della cosa.

– E poi come andò? – dissi.

– Fu il reverendo Orazio – disse Traddles. – Egli è un gran buon uomo, veramente esemplare. Fu lui che le accennò che da cristiana doveva sottomettersi al sacrificio (tanto più poi che non era un sacrificio) e guardarsi da ogni sentimento meno che caritatevole a mio riguardo.

Per conto mio, Copperfield, ti giuro che mi considerai come un uccello da preda verso la famiglia.

– Le sorelle si schierarono dalla tua parte, Traddles, vo-1054

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glio sperare?

– Veramente, non potrei dirlo – rispose. – Quando la signora Crewler si fu in qualche modo mansuefatta, si dové annunziare la cosa a Sara. Ricordi che ti ho parlato di Sara, quella che è malata di non so che cosa alla spina dorsale.

– Perfettamente.

– Essa si torse le mani – disse Traddles, guardandomi desolato, – chiuse gli occhi, si fece bianca come un panno lavato; s’irrigidì completamente; e per due giorni non poté ingoiare che acqua panata col cucchiaio.

– Che ragazza antipatica, Traddles! – osservai.

– Scusa, Copperfield – disse Traddles. – È una gran buona ragazza, ed è piena di sentimento. Veramente, son tutti pieni di sentimento. Sofia, dopo, mi disse che era impossibile descrivere il rimorso da lei provato mentre accudiva Sara. A giudicar da quello che provavo io stesso, Copperfield, che mi accusavo come un delinquente, ella doveva aver sofferto molto. Quando Sara si fu rimessa, bisognò annunziar la cosa alle altre otto; e su ciascuna l’effetto fu dei più commoventi. Le due picci-ne, quelle che sono educate da Sofia, cominciano soltanto ora a non detestarmi.

– Ad ogni modo, spero che ora si sian tutte persuase? –

io dissi.

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– S... sì, direi che dopo tutto si siano rassegnate – disse Traddles, senza convinzione. – Il fatto sta che noi evitia-mo di parlarne; ciò che le consola molto è l’incertezza del mio avvenire e la mia condizione molto modesta.

Avverrà una scena straziante il giorno del nostro matrimonio. Somiglierà più a un funerale che a una cerimonia nuziale. E mi odieranno tutte, perché me la porterò via.

Il suo viso leale, che mi guardava con un’aria semicomi-ca, mi fa maggiore impressione ora, nel ricordo, di quanto me ne facesse allora nella realtà, perché allora mi trovavo in tale stato di trepidazione e di ansia, che mi sentivo incapace di fissare la mia attenzione su nulla.

Avvicinandoci alla casa abitata dalle signorine Spenlow, sentivo così scarsa fiducia nel mio aspetto personale e nella mia presenza di spirito, che Traddles mi propose un leggero stimolante in forma d’un bicchiere di birra.

Mi condusse in un caffè vicino, e poi, a passi tremanti, verso la porta delle signorine Spenlow.

Ebbi la vaga sensazione che fossimo, per così dire, arrivati, quando la cameriera l’aperse, e che andassimo stranamente ondeggiando, attraverso un vestibolo dove c’e-ra un barometro, fino a un tranquillo salottino a pianterreno che dava su un lindo giardinetto. Poi, d’essermi seduto su un sofà, e di aver veduto i capelli di Traddles balzar su, appena si fu tolto il cappello, come una di quelle inattese figurine fatte di molle, che scattano al-1056

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l’improvviso da certe finte tabacchiere quando se ne tor-ca il coperchio. Poi, di aver udito un pendolo antico far tic-tac sul caminetto, e di aver cercato di far andare di pari passo il battito del mio cuore – cosa che non mi riuscì. Poi, di aver guardato intorno per la stanza per una traccia di Dora, senza scoprirne alcuna. Poi, di aver pensato che Jip avesse abbaiato in lontananza, e che qualcuno l’avesse immediatamente fatto tacere. Finalmente mi trovai a cacciare con una gomitata Traddles nel caminetto, nell’atto d’inchinarmi confuso a due piccole vecchiette asciutte, vestite di nero, e rassomiglianti entrambe meravigliosamente a una riproduzione di legno o di cuoio del defunto signor Spenlow.

– Prego – disse una delle due vecchiette: – accomodatevi.

Quando ebbi finito di far cadere Traddles, e mi sedetti su qualche cosa che non era un gatto – perché al primo movimento m’ero seduto su un gatto – ricuperai tanto delle mie facoltà visive da comprendere che il signor Spenlow era stato evidentemente il più giovine della famiglia; che vi era una distanza di sette od otto anni fra le due sorelle, e che la più giovine pareva fosse la direttri-ce della conferenza, giacché aveva in mano la mia lettera – così familiare a me e pur così estranea! – e la con-sultava a traverso un occhialetto. Esse erano vestite nella stessa foggia; ma la minore portava la sua acconciatura con aria più giovanile dell’altra; e forse aveva un po’

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di gale, o qualche merletto di più, o qualche spilla, o un braccialetto, o qualche gingillo della stessa specie, che le dava un aspetto più vivace. Esse si tenevano entrambe rigide nel loro atteggiamento formale, preciso, composto e calmo. La sorella che non aveva la mia lettera, teneva le braccia stese sul petto e l’una sull’altra, come quelle d’un idolo.

– Il signor Copperfield, immagino – disse la sorella che aveva la mia lettera, volgendosi a Traddles.

L’esordio era terribile. Traddles dové indicare che il signor Copperfield ero io; e anch’io dovei far valer il diritto al mio nome; ed esse doverono liberarsi dell’opinione preconcetta che Traddles fosse il signor Copperfield; e tutti quanti ci trovammo in una comica situazione. A farla più intensa, ci pensò Jip, con due brevi latrati, uditi distintamente da tutti, e subito soffocati.

– Signor Copperfield! – disse la sorella con la lettera.

Io feci qualche cosa – m’inchinai, credo – ed ero tutto orecchi, quando la sorella interruppe:

– Mia sorella Lavinia – ella disse, – pratica com’è di faccende di questa specie, riferirà ciò che noi crediamo più conveniente per la felicità di entrambe le parti.

Dopo scopersi che la signorina Lavinia era una autorità in affari amorosi, perché anticamente era esistito un certo signor Pidger, che giocava il whist, e s’era sospettato fosse innamorato di lei. È mia opinione personale che 1058

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quella fosse una supposizione assolutamente fantastica, e che Pidger fosse del tutto innocente di un simile sentimento, al quale: – per quanto seppi in appresso – non aveva dato mai un’espressione pur che fosse. Ma tanto la signorina Lavinia quanto la signorina Clarissa avevano, però, la persuasione ch’egli avrebbe dichiarato la sua passione, se la sua giovinezza non fosse stata imma-turamente troncata (a sessant’anni circa) da un’ingestione abbondante di liquori, e da un rimedio peggiore del male: l’abuso delle acque di Bath. Esse avevano anche il sospetto che si fosse trattato d’amore non rivelato, benché un ritratto di lui che era rimasto in casa mostrasse un naso cremisi, che non dava affatto a divedere d’aver sofferto di quell’amore nascosto.

– Noi non vogliamo risalire – disse la signorina Lavinia

– alla storia passata di questa faccenda. La morte del nostro povero fratello Francesco ha cancellato tutto.

– Noi non avevamo – disse la signorina Clarissa l’abitudine di frequenti rapporti con nostro fratello Francesco; ma fra noi non v’era una divisione o una separazione vera e propria. Francesco andava per la sua strada; noi andavamo per la nostra. Consideravamo che per la felicità nostra e sua fosse meglio così. E infatti fu così.

Ciascuna delle due sorelle si sporgeva un po’ per parlare, scoteva il capo dopo aver parlato, e poi rientrava, rigida e come inamidata, nel proprio silenzio. La signorina Clarissa non moveva mai le braccia. A volte vi stam-1059

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burellava delle ariette con le dita – minuetti e marce, credo – ma non le moveva mai. – La condizione di nostra nipote, o la sua supposta condizione, è mutata molto dopo la morte di nostro fratello Francesco – disse la signorina Lavinia – e perciò noi consideriamo che le opinioni di nostro fratello riguardo alla posizione di lei non abbiano più lo stesso valore. Noi non abbiamo alcuna ragione di dubitare, signor Copperfield, che voi siate un giovane di molte buone qualità e d’eccellente carattere; e che voi abbiate una simpatia... . o siate pienamente persuaso d’aver una simpatia... per nostra nipote.

Risposi, come facevo sempre quando mi se n’offriva l’occasione che nessuno aveva mai voluto a un’altra il bene che io volevo a Dora. Traddles mi prestò man forte con un mormorìo d’approvazione.

La signorina Lavinia stava per aggiungere qualche cosa; ma la signorina Clarissa, che sembrava continuamente spronata dal desiderio di alludere a suo fratello Francesco, interruppe di nuovo:

– Se la mamma di Dora – ella disse – quando sposò nostro fratello Francesco avesse subito detto che non v’era posto per la famiglia alla sua mensa, sarebbe stato meglio per il bene di tutti.

Are sens