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Add to favorite Se questo è un uomo – Primo Levi

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Quanto all’aspetto morale del nuovo stato di cose, Alberto e io abbiamo dovuto convenire che non c’è di che andare molto fieri; ma è cosí facile trovarsi delle giustifi-cazioni! D’altronde, questo stesso fatto di avere nuove cose di cui parlare, non è un vantaggio trascurabile.

Parliamo del disegno di comperarci una seconda menaschka per fare la rotazione con la prima, in modo che ci basti una sola spedizione al giorno all’angolo remoto del cantiere dove ora lavora Lorenzo. Parliamo di Lorenzo, e del modo di compensarlo; dopo, se ritorneremo, sí, certamente, faremo tutto quanto potremo per lui; ma a che pro parlare di questo? sia lui che noi, sappiamo bene che è difficile che noi torniamo. Bisogne-rebbe fare qualcosa subito; potremmo provare a fargli riparare le scarpe nella calzoleria del nostro Lager, dove le riparazioni sono gratuite (sembra un paradosso, ma ufficialmente, nei campi di annientamento, è tutto gra-tuito). Alberto proverà: è amico del ciabattino capo, forse basterà qualche litro di zuppa.

Parliamo di tre nuovissime nostre imprese, e ci troviamo d’accordo nel deplorare che evidenti ragioni di segreto professionale sconsiglino di spiattellarle in giro: peccato, il nostro prestigio personale ne trarrebbe un grande vantaggio.

Della prima, è mia la paternità. Ho saputo che il Blockältester del 44 è a corto di scope, e ne ho rubata una in cantiere: e fin qui non c’è nulla di straordinario.

La difficoltà era quella di contrabbandare la scopa in Lager durante la marcia di ritorno, e io l’ho risolta in un modo che credo inedito, smembrando la refurtiva in sag-gina e manico, segando quest’ultimo in due pezzi, portando in campo i vari articoli separatamente (i due tron-coni di manico legati alle cosce, dentro i pantaloni), e ricostituendo il tutto in Lager, per il che ho dovuto tro-Letteratura italiana Einaudi 155

Primo Levi - Se questo è un uomo vare un pezzo di lamiera, martello e chiodi per risaldare i due legni. Il travaso ha richiesto quattro soli giorni.

Contrariamente a quanto temevo, il committente non solo non ha svalutata la mia scopa, ma l’ha mostrata co-me una curiosità a parecchi suoi amici, i quali mi hanno passato regolare ordinazione per altre due scope «dello stesso modello».

Ma Alberto ha ben altro in pentola. In primo luogo, ha messo a punto l’«operazione lima», e l’ha già eseguita due volte con successo. Alberto si presenta al magazzino attrezzi, chiede una lima, e ne sceglie una piuttosto grossa. Il magazziniere scrive «una lima» accanto al suo numero di matricola, e Alberto se ne va. Va di filato da un civile sicuro (un fior di furfante triestino, che ne sa una piú del diavolo e aiuta Alberto piú per amor dell’arte che per interesse o per filantropia), il quale non ha difficoltà a cambiare sul libero mercato la lima grossa contro due piccole di valore uguale o minore. Alberto rende

«una lima» al magazzino e vende l’altra.

E infine, ha coronato in questi giorni il suo capolavo-ro, una combinazione audace, nuova, e di singolare eleganza. Bisogna sapere che da qualche settimana ad Alberto è stata affidata una mansione speciale: al mattino, in cantiere, gli viene consegnato un secchio con pinze, cacciavite, e parecchie centinaia di targhette di celluloi-de di colori diversi, le quali egli deve montare mediante appositi supportini per contraddistinguere le numerose e lunghe tubazioni di acqua fredda e calda, vapore, aria compressa, gas, nafta, vuoto ecc. che percorrono in tutti i sensi il Reparto Polimerizzazione. Bisogna sapere inoltre (e sembra che non c’entri affatto: ma l’ingegno non consiste forse nel trovare o creare relazioni fra ordini di idee apparentemente estranei?) che per tutti noi Häftlinge la doccia è una faccenda assai sgradevole per molte ragioni (l’acqua è scarsa e fredda, o addirittura bollente, non c’è spogliatoio, non abbiamo asciugamani, Letteratura italiana Einaudi 156

Primo Levi - Se questo è un uomo non abbiamo sapone, e durante la forzata assenza è facile essere derubati). Poiché la doccia è obbligatoria, occorre ai Blockälteste un sistema di controllo che permet-ta di applicare sanzioni a chi vi si sottrae: per lo piú, un fiduciario del Block si installa sulla porta, e tasta come Polifemo chi esce per sentire se è bagnato; chi lo è, riceve uno scontrino, chi è asciutto riceve cinque nerbate.

Solo presentando lo scontrino si può riscuotere il pane al mattino seguente.

L’attenzione di Alberto si è appuntata sugli scontrini.

In genere, non sono altro che miseri biglietti di carta, che vengono riconsegnati umidi, spiegazzati e irricono-scibili. Alberto conosce i tedeschi, e i Blockälteste sono tutti tedeschi o di scuola tedesca: amano l’ordine, il sistema, la burocrazia; inoltre, pur essendo dei tangheri maneschi e iracondi, nutrono un amore infantile per gli oggetti luccicanti e variopinti.

Cosí impostato il tema, eccone il brillante svolgimen-to. Alberto ha sottratto sistematicamente una serie di targhette dello stesso colore; da ognuna, ha ricavato tre dischetti (lo strumento necessario, un foratappi, l’ho organizzato io in Laboratorio): quando sono stati pronti duecento dischetti, sufficienti per un Block, si è presentato al Blockältester, e gli ha offerto la «Spezialität» per la folle quotazione di dieci razioni di pane, a consegna scalare. Il cliente ha accettato con entusiasmo, e ora Alberto dispone di un portentoso articolo di moda da offrire a colpo sicuro in tutte le baracche, un colore per baracca (nessun Blockältester vorrà passare per tacca-gno o misoneista), e, quel che piú conta, non ha da temere concorrenti, perché lui solo ha accesso alla materia prima. Non è ben studiato?

Di queste cose parliamo, incespicando da una pozzanghera all’altra, fra il nero del cielo e il fango della strada. Parliamo e camminiamo. Io porto le due gamelle Letteratura italiana Einaudi 157

Primo Levi - Se questo è un uomo vuote, Alberto il peso della menaschka dolcemente piena. Ancora una volta la musica della banda, la cerimonia del «Mützen ab», giú i berretti di scatto davanti alle SS; ancora una volta Arbeit Macht Frei, e l’annunzio del Kapo: – Kommando 98, zwei und sechzig Häftlinge, Starke stimmt, – sessantadue prigionieri, il conto torna.

Ma la colonna non si è sciolta, ci hanno fatto marciare fi-no in piazza dell’Appello. Ci sarà appello? Non è l’appello. Abbiamo visto la luce cruda del faro, e il profilo ben noto della forca.

Ancora per piú di un’ora le squadre hanno continua-to a rientrare, col trepestio duro delle suole di legno sulla neve gelata. Quando poi tutti i Kommandos sono ritornati, la banda ha taciuto a un tratto, e una rauca voce tedesca ha imposto il silenzio. Nell’improvvisa quiete, si è levata un’altra voce tedesca, e nell’aria buia e nemica ha parlato a lungo con collera. Infine il condannato è stato introdotto nel fascio di luce del faro.

Tutto questo apparato, e questo accanito cerimoniale, non sono nuovi per noi. Da quando io sono in campo, ho già dovuto assistere a tredici pubbliche impiccagioni; ma le altre volte si trattava di comuni reati, furti alla cucina, sabotaggi, tentativi di fuga. Oggi si tratta di altro.

Il mese scorso, uno dei crematori di Birkenau è stato fatto saltare. Nessuno di noi sa (e forse nessuno saprà mai) come esattamente l’impresa sia stata compiuta: si parla del Sonderkommando, del Kommando Speciale addetto alle camere a gas e ai forni, che viene esso stesso periodicamente sterminato, e che viene tenuto scrupolo-samente segregato dal resto del campo. Resta il fatto che a Birkenau qualche centinaio di uomini, di schiavi inermi e spossati come noi, hanno trovato in se stessi la forza di agire, di maturare i frutti del loro odio.

L’uomo che morrà oggi davanti a noi ha preso parte in qualche modo alla rivolta. Si dice che avesse relazioni cogli insorti di Birkenau, che abbia portato armi nel no-Letteratura italiana Einaudi 158

Primo Levi - Se questo è un uomo stro campo, che stesse tramando un ammutinamento si-multaneo anche tra noi. Morrà oggi sotto i nostri occhi: e forse i tedeschi non comprenderanno che la morte so-litaria, la morte di uomo che gli è stata riservata, gli frut-terà gloria e non infamia.

Quando finí il discorso del tedesco, che nessuno poté intendere, di nuovo si levò la prima voce rauca: – Habt ihr verstanden? – (Avete capito?) Chi rispose «Jawohl»? Tutti e nessuno: fu come se la nostra maledetta rassegnazione prendesse corpo di per sé, si facesse voce collettivamente al di sopra dei nostri capi. Ma tutti udirono il grido del morente, esso penetrò le grosse antiche barriere di inerzia e di remissione, percosse il centro vivo dell’uomo in ciascuno di noi:

– Kameraden, ich bin der Letzte! – (Compagni, io so-no l’ultimo!)

Vorrei poter raccontare che di fra noi, gregge abietto, una voce si fosse levata, un mormorio, un segno di as-senso. Ma nulla è avvenuto. Siamo rimasti in piedi, curvi e grigi, a capo chino, e non ci siamo scoperta la testa che quando il tedesco ce l’ha ordinato. La botola si è aperta, il corpo ha guizzato atroce; la banda ha ripreso a suonare, e noi, nuovamente ordinati in colonna, abbiamo sfi-lato davanti agli ultimi fremiti del morente.

Ai piedi della forca, le SS ci guardano passare con occhi indifferenti: la loro opera è compiuta, e ben compiuta. I russi possono ormai venire: non vi sono piú uomini forti fra noi, l’ultimo pende ora sopra i nostri capi, e per gli altri, pochi capestri sono bastati. Possono venire i russi: non troveranno che noi domati, noi spenti, degni ormai della morte inerme che ci attende Distruggere l’uomo è difficile, quasi quanto crearlo: non è stato agevole, non è stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi. Eccoci docili sotto i vostri sguardi: da parte nostra nulla piú avete a temere: non atti di rivolta, non parole di sfida, neppure uno sguardo giudice.

Letteratura italiana Einaudi 159

Primo Levi - Se questo è un uomo Alberto ed io siamo rientrati in baracca, e non abbiamo potuto guardarci in viso. Quell’uomo doveva essere duro, doveva essere di un altro metallo del nostro, se questa condizione, da cui noi siamo stati rotti, non ha potuto piegarlo.

Perché, anche noi siamo rotti, vinti: anche se abbiamo saputo adattarci, anche se abbiamo finalmente imparato a trovare il nostro cibo e a reggere alla fatica e al freddo, anche se ritorneremo.

Abbiamo issato la menaschka sulla cuccetta, abbiamo fatto la ripartizione, abbiamo soddisfatto la rabbia quotidiana della fame, e ora ci opprime la vergogna.

Letteratura italiana Einaudi 160

Primo Levi - Se questo è un uomo STORIA DI DIECI GIORNI

Già da molti mesi ormai si sentiva a intervalli il rombo dei cannoni russi, quando, l’11 gennaio 1945, mi am-malai di scarlattina e fui nuovamente ricoverato in Ka-Be. «Infektionsabteilung»: vale a dire una cameretta, per verità assai pulita, con dieci cuccette su due piani; un armadio; tre sgabelli, e la seggetta col secchio per i bisogni corporali. Il tutto in tre metri per cinque.

Sulle cuccette superiori era disagevole salire, non c’era scala; perciò quando un malato si aggravava veniva trasferito alle cuccette inferiori.

Quando io entrai, fui il tredicesimo: degli altri dodici, quattro avevano la scarlattina, due francesi «politici» e due ragazzi ebrei ungheresi; c’erano poi tre difterici, due tifosi, e uno affetto da una ributtante risipola faccia-le. I due rimanenti avevano piú di una malattia ed erano incredibilmente deperiti.

Avevo febbre alta. Ebbi la fortuna di avere una cuccetta tutta per me; mi coricai con sollievo, sapevo di avere diritto a quaranta giorni di isolamento e quindi di riposo, e mi ritenevo abbastanza ben conservato da non dover temere le conseguenze della scarlattina da una parte, e le selezioni dall’altra.

Grazie alla mia ormai lunga esperienza delle cose del campo, ero riuscito a portare con me le mie cose personali: una cintura di fili elettrici intrecciati; il cucchiaio-coltello; un ago con tre gugliate; cinque bottoni; e infine, diciotto pietrine per acciarino che avevo rubato in Laboratorio. Da ognuna di queste, assottigliandola pazientemente col coltello, si potevano ricavare tre pietrine piú piccole, del calibro adatto a un normale accendi-sigaro. Erano state valutate sei o sette razioni di pane.

Passai quattro giorni tranquilli. Fuori nevicava e faceva molto freddo, ma la baracca era riscaldata. Ricevevo Letteratura italiana Einaudi 161

Primo Levi - Se questo è un uomo forti dosi di sulfamidico, soffrivo di una nausea intensa e stentavo a mangiare; non avevo voglia di attaccare discorso.

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