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– Caro mio – disse mia zia, dopo aver assaggiato un cucchiaio del liquido; – è molto migliore del vino, e molto meno biliosa.

Immaginò che io non ne fossi persuaso, perché aggiunse:

– Zitto, zitto, figlio mio. Se non ci accadesse nulla di peggio che dover bere la birra, potremmo esser soddisfatti.

– Certo, anch’io direi così, zia.

– E allora perché non lo pensi? – disse mia zia.

– Perché voi e io siamo diversi – risposi.

– Sei uno sciocco, Trot! – rispose mia zia. Mia zia continuò con un piacere calmo, nel quale non c’era molta affettazione, se pure ve n’era, a bere col cucchiaio, e a in-zuppare i crostini.

– Trot – ella disse – in generale non mi piacciono le facce nuove, ma la tua Barkis non mi dispiace, sai?

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– Ho più piacere di sentirvi dir così, che d’avere un centinaio di sterline! – dissi.

– È un mondo veramente straordinario – osservò mia zia, stropicciandosi il naso. – Non arrivo a spiegarmi dove quella donna sia andata a cercarsi quel nome. Credo che sarebbe molto più facile nascere una Jackson, o qualche cosa di simile.

– Forse anche lei è del vostro parere, zia; ma non è colpa sua – dissi.

– Credo di no – rispose mia zia, ammettendolo molto mal volentieri; – ma è un grave difetto. Però, adesso è Barkis, ed è una consolazione. Barkis ti vuol molto bene, Trot.

– Non v’è nulla ch’ella non farebbe per dimostrarmelo –

dissi.

– È vero, lo credo – rispose mia zia. – Non sai che quella povera sciocca m’ha pregato e scongiurato d’accettare un po’ del suo denaro, perché dice che ne ha troppo...

Stupida!

Mia zia piangeva lagrime di consolazione, e quasi le gocciolavano nella birra calda.

– È la più ridicola creatura che io mi sia mai incontrata

– disse mia zia. – M’accorsi subito, nel primo istante che la vidi con quella cara piccina di tua madre, che era la persona più ridicola del mondo. Ma Barkis ha delle 891

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buone qualità.

Facendo le viste di ridere, colse il destro per portarsi le mani agli occhi, e per asciugarseli. Poi riprese una fetta di crostino e il discorso.

– Ah, Dio ci perdoni! – sospirò mia zia. – So tutto ciò che è accaduto, Trot. Barkis e io ne abbiamo parlato a lungo, mentre tu eri fuori con Dick. So tutto. E non arrivo a indovinare che diamine s’annidi nella testa di quelle sciagurate ragazze. Mi domando perché mai non vadano a rompersela contro... contro la cappa del camino –

disse mia zia, esprimendo un’idea ispiratale certamente dalla contemplazione del mio caminetto.

– Povera Emilia! – esclamai.

– Oh, non la compiangere! – rispose mia zia. – Avrebbe dovuto pensarci, prima d’esser la causa di tanti dolori.

Dammi un bacio, Trot. Mi duole tanto che tu debba fare una triste esperienza della vita.

Mi sporsi verso di lei, ed ella mi mise il bicchiere su un ginocchio, per trattenermi, dicendo:

– Oh, Trot, Trot! E così, tu ti figuri d’essere innamorato, non è vero?

– Come, zia, mi figuro! – esclamai, arrossendo. – Io l’adoro con tutta l’anima.

– Dora? Veramente! – rispose mia zia. – E tu vuoi dire che la piccina è affascinante, immagino?

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– Mia cara zia – risposi – nessuno può farsi un’idea di ciò ch’ella sia.

– Ah! E non è una sciocca? – disse mia zia.

– Sciocca, zia!

Io seriamente credo che non mi fosse mai passato per la testa di domandarmi un solo istante se ella lo fosse o no.

Quella supposizione, certo, mi fece male; ma ne fui sorpreso come da un’idea assolutamente nuova.

– Non è una sventatella? – disse mia zia.

– Sventatella, zia! – potei solo fare eco a quella domanda con lo stesso sentimento col quale avevo ripetuto la precedente.

– Bene, bene! – disse mia zia. – Domando soltanto. Non intendo di fare torto. Povera coppietta! E così voi credete d’esser nati l’un per l’altro, e di dover condurre una vita inzuccherata, come due chicche su una torta, non è vero, Trot?

Mi interrogava con tanta gentilezza, con un’aria così scherzosa e insieme melanconica, che io ne fui veramente commosso.

– Noi siamo giovani e inesperti, lo so, zia – risposi – e forse diciamo e pensiamo cose che non sempre son sen-sate; ma è certo che ci vogliamo molto bene. Se pensassi che Dora potesse mai voler bene a qualcun altro, o cessare di volermene; o che io potessi mai voler bene a 893

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