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Il signor Micawber, col pretesto di indicarmi una via più breve di quella già fatta per recarmi fin lì, mi accompagnò fino all’angolo; ansioso com’era (così mi spiegò) di dire poche parole in confidenza a un vecchio amico.

– Mio caro Copperfield – disse il signor Micawber – è necessario appena dirti che avere sotto il nostro tetto, nelle attuali circostanze, una mente come quella che raggia... se mi può esser permessa l’espressione... che raggia... nel tuo amico Traddles, è un conforto indicibi-725

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le. Con una lavandaia che abita nella porta attigua, e mette in vendita i croccanti nella finestra del salottino, e una guardia di Bow Street di fronte, puoi figurarti se la sua compagnia non sia una fonte di consolazione per me e mia moglie. Io sono ora, mio caro Copperfield, occupato a vendere il grano dei mercanti di campagna. Non è una professione di natura remunerativa... in altre parole, non rende... e la conseguenza è stata qualche temporaneo imbarazzo di natura pecuniaria. Sono, però, lieto di aggiungere che ho ora una speranza immediata che la carta cambierà (non son libero di dire in qual senso), e confido che sarò presto in grado di provvedere, perma-nentemente, a me e al tuo amico Traddles, per il quale ho la più viva simpatia. Tu puoi, forse, esser preparato a sentire che mia moglie è in uno stato di salute che rende non improbabile che possa avvenire un’aggiunta a quei pegni d’affetto che... insomma al gruppo infantile. La famiglia di mia moglie è stata così buona da esprimere la propria insoddisfazione per questo stato di cose. Ho semplicemente da osservare ché io non so se questa sia una faccenda che la riguardi, e che respingo tale espressione del suo sentimento con disprezzo e disdegno.

Il signor Micawber mi strinse di nuovo la mano, e mi lasciò.

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XXVIII.

LA SFIDA DEL SIGNOR MICAWBER

Fino al giorno fissato per il ricevimento dei miei vecchi amici, così felicemente incontrati, vissi principalmente di Dora e di caffè. Nella mia desolazione d’amore, il mio appetito languiva; e n’ero soddisfatto, perché mi sarebbe parso un atto di perfidia verso Dora continuare a mangiare con lo stesso gusto. La quantità di moto che facevo tutto il giorno non era, per quel rispetto, accompagnata dalla sua solita conseguenza, perché la delusione annullava l’effetto dell’aria aperta. Ho un dubbio, inoltre, fondato sulla larga esperienza acquistata in quel periodo, se, in una persona torturata continuamente dalle calzature strette, possa mai liberamente svilupparsi una vera e propria gioia del cibo animale. Credo che le estremità debbano essere lasciate tranquille, se si vuol che lo stomaco lavori con energia.

In occasione di quel trattenimento domestico, non ripetei i grandi preparativi dell’altra volta. Mi procurai semplicemente un paio di sogliole, un piccolo cosciotto di castrato, e un pasticcio di piccione. La signora Crupp si ribellò al primo timido accenno che le feci di cucinarmi il pesce e il castrato, e disse, con un profondo sentimen-727

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to di dignità ferita: «No!, no, signore! Voi non mi chiederete una cosa simile. Mi conoscete troppo bene, per suppormi capace di fare ciò che profondamente mi ripugna». Ma alla fine si venne a patti; e la signora Crupp acconsentì di assumersi l’impresa, a condizione che dopo, per una quindicina di giorni, fossi andato a mangiare fuori di casa.

E qui posso osservare che ciò che soffrivo da parte della signora Crupp, in conseguenza della tirannia che ella esercitava su di me, era in realtà terribile. Di nessun’altra persona io ebbi mai tanta paura. Si veniva a patti su tutto. Se esitavo, ella era assalita da quel magico male che stava in agguato nel suo sistema organico, pronto a minarle in pochi istanti la vita. Se sonavo con impazienza il campanello, dopo una mezza dozzina di timidi inutili accenni, ed ella finalmente appariva – cosa, d’altra parte, sulla quale non si poteva contare – si presentava come l’immagine del rimprovero, lasciandosi cadere senza fiato su una sedia accanto alla porta; si metteva la mano sul seno di cotone giallo, e si sentiva così male, che io ero lieto, con qualunque sacrificio d’acquavite o di checché si fosse, di liberarmi di lei. Se movevo qualche osservazione perché il letto non era ancora rifatto alle cinque del pomeriggio – cosa che anche oggi non credo molto piacevole – un gesto della sua mano verso la stessa regione di cotone giallo, sede della sua sensibilità ferita, bastava per farmi balbettare delle scuse. Insomma, avrei fatto qualunque cosa, nei limiti dell’one-728

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sto, per non dar dispiaceri alla signora Crupp, croce e terrore della mia vita.

Comprai per quel desinare una credenzina a due ruote, per fare a meno, in quanto mi fosse possibile, dei servizi del bravo giovane; contro il quale, dopo averlo incontrato, nello Strand, una domenica mattina, con una sottoveste che rassomigliava stranamente a una delle mie, mancatami dal giorno del primo pranzo, avevo concepito un certo pregiudizio. Ripresi la «ragazzina svelta»; ma a patto che portasse solo le vivande, e che poi si ritirasse sul pianerottolo, oltre la porta esterna; di dove gli occhi non avrebbero avvertito il vezzo ch’ella aveva, di soffiare dalle narici come un cavallo, e dove sarebbe stato fisicamente impossibile retrocedere sui piatti.

Provvedute le sostanze necessarie alla composizione del ponce, manipolazione riservata al signor Micawber; provveduta una bottiglia d’acqua di lavanda, due candele di cera, una cartata di spille di varie dimensioni e un cuscinetto, se mai dovessero occorrere alla signora Micawber innanzi alla mia specchiera; fatto accendere il fuoco anche nella mia camera da letto, sempre in onore della signora Micawber; e messa la tovaglia con le mie mani stesse, attesi serenamente l’effetto dei miei preparativi.

All’ora stabilita, i miei tre ospiti arrivarono insieme: il signor Micawber con un solino più abbondante dell’u-729

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suale, e un laccio nuovo all’occhialetto; la signora Micawber col cappellino in un pacchetto di carta grigia; Traddles col pacchetto e la signora Micawber a braccetto. Tutti e tre si mostrarono incantati innanzi allo specchio, ed ella vide i grandi preparativi fatti per lei, si mostrò così entusiasta che gridò al signor Micawber di andare a vedere.

– Mio caro Copperfield – disse il signor Micawber –

c’è veramente della sontuosità. È un modo di vivere che mi ricorda il periodo in cui anch’io ero scapolo, e la signora Micawber non era ancora stata sollecitata a impe-gnar la sua fede sull’altare d’Imeneo.

– Egli intende non ancora sollecitata da lui, signor Copperfield – disse la signora Micawber, finemente. –

Non può parlare per gli altri.

– Mia cara – rispose il signor Micawber con improvvisa gravità – non ho alcuna voglia di parlare per gli altri. So troppo bene che quando negl’imperscrutabili decreti del Fato tu mi fosti riservata, potesti forse esser riservata a chi era destinato, dopo una lotta prolungata, a cader finalmente vittima di arenamenti pecuniarî di complicata natura. Comprendo la tua allusione, amor mio. Mi fa male, ma te la perdono.

– Micawber! – esclamò la signora Micawber, in lagrime.

– Questo ora mi merito. Io che non t’ho abbandonato mai, che non t’abbandonerò mai, Micawber!

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– Amor mio – disse il signor Micawber, molto commosso, – tu perdonerai, e il nostro vecchio e provato amico Copperfield vorrà perdonare, la momentanea lacerazio-ne di uno spirito ferito, reso sensibile da un recente scontro con uno scheletro del potere... insomma con un ribaldo, impiegato della conduttura idraulica... ed entrambi non ne condannerete, ma ne compiangerete gli eccessi.

Il signor Micawber abbracciò allora la signora Micawber, e mi strinse la mano, lasciandomi indovinare da quell’immaginosa allusione che il tubo che gli forniva l’acqua in casa gli era stato interrotto, in quel pomeriggio, per non aver pagato il conto della società assuntri-ce.

A distrarre i suoi pensieri da questo melanconico argomento, informai il signor Micawber che contavo su di lui per un buon bicchiere di ponce, e lo condussi in presenza dei limoni. Quel suo scoraggiamento, per non dire disperazione, si dileguò in un attimo.

Non avevo visto mai nessuno così felice tra la fragranza delle bucce di limone e lo zucchero, fra l’odore del rum ardente e il fumo dell’acqua bollente, come il signor Micawber in quel pomeriggio. Era una meraviglia vedergli il viso, irradiarsi e sorriderci da una sottile nuvola di quei vapori delicati, nell’atto ch’egli agitava, e mescolava, e assaporava, e aveva l’aria di fare, non il ponce, ma una fortuna per tutta la sua famiglia, giù giù fino alla più 731

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