Ebbene, i Delegati ecclesiastici erano gli avvocati senza causa, che avevano assistito alla partita giocata in tutte e due le Corti, che avevan visto mescolare, alzare e distribuire le carte; e n’avevano parlato a tutti i giocatori, e che ora arrivavano freschi, come giudici, a regolare la faccenda con soddisfazione di tutti. I malcontenti possono parlare a loro agio di corruzione del Commons, di insufficienza del Commons, e della necessità di riformare il Commons – disse il signor Spenlow solennemente a mo’ di conclusione; ma quando il prezzo dello staio di grano era salito più alto, il Commons aveva avuto più cause da trattare; e si può dire al mondo intero con la mano sul cuore «Toccate il Commons, e il paese crolle-rà».
Avevo ascoltato tutta questa tiritera con molta attenzione, e benché, debbo dire, avessi i miei dubbi sul gran debito del paese verso il Commons, accettai rispettosamente quella opinione. Quanto alla faccenda dello staio di grano, modestamente comprendevo ch’era superiore alla mia capacità, ma che, a ogni modo, metteva a posto ogni cosa. Non ho potuto ancora rimettermi, finora, dall’effetto di quello staio di grano. Esso è ricomparso, in tutto il corso della mia vita, in relazione con tutte le specie di soggetti, sempre per annientarmi. Non so ora.
esattamente, che abbia da fare con me, o che diritto abbia di schiacciarmi in una infinita varietà di occasioni; 689
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ma tutte le volte che veggo quel vecchio staio ritto su una testa o su due spalle (come è sempre portato, credo), ritengo che la mia causa sia senz’altro bell’e spacciata.
Ma questa è una divagazione. Non ero io l’uomo da toccare il Commons, e far crollare il paese. Col mio silenzio, espressi sommessamente la mia accettazione di tutto ciò che avevo appreso dal mio superiore d’anni e di dottrina; e poi parlammo del dramma «Lo Straniero», e della pariglia della vettura, finché si arrivò innanzi al cancello del signor Spenlow.
V’era un bel giardino intorno alla casa del signor Spenlow; e benché quella non fosse la stagione adatta per vedere un giardino, era così ben tenuto, che rimasi addirittura incantato. Vi era un bel prato, v’erano gruppi d’alberi, e dei lunghi viali arcuati, appena visibili al buio, che s’allontanavano a perdita d’occhio, e a primavera si riempivano di arbusti e di fiori. «Qui passeggia sola la signorina Spenlow – pensai. – Che bellezza!».
Entrammo nella casa, allegramente illuminata, e in un vestibolo gremito d’ogni specie di cappelli, cappellini, soprabiti, scialli, guanti, staffili e mazze.
– Dov’è la signorina Dora? – disse il signor Spenlow al domestico.
«Dora! – pensai. – Che bel nome!»., Entrammo in una sala attigua (credo che fosse l’identica sala da pranzo resa memorabile dal vino bruno dell’In-690
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dia Orientale) e sentii una voce dire: «Signor Copperfield, mia figlia Dora, e l’amica di fiducia di mia figlia Dora». Senza dubbio era la voce del signor Spenlow, ma non la riconobbi e non mi curai di saper di chi fosse.
Tutto avvenne in un momento. Il mio destino s’era compiuto. Ero schiavo e prigioniero. Amavo Dora Spenlow alla follia!
Ella mi parve più che un essere umano. Era una fata, una silfide, non so che fosse – un non so che, che nessuno aveva visto mai, e che tutti cercavano ardentemente.
Fui in un istante inghiottito in un abisso d’amore. Senza una sosta sull’orlo; senza uno sguardo giù, o uno sguardo indietro; ero precipitato a capofitto, prima di aver lo spirito di dirle una parola.
– Ho già conosciuto il signor Copperfield, io – osservò una voce che ben ricordavo, quando ebbi fatto un inchino e mormorato non so quali parole.
Non era stata Dora a parlare. No: l’amica di fiducia, la signorina Murdstone.
Non credo che mi meravigliassi di quell’incontro. Mi sembra che avessi perduto la facoltà di meravigliarmi.
Non era possibile meravigliarsi d’altro in questo mondo corporeo, che di Dora Spenlow. Dissi: «Come state, signorina Murdstone? Spero che stiate bene». Ella rispose: «Benissimo». Dissi: «Come sta il signor Murdstone?». Ella rispose: «Mio fratello sta meraviglio-691
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samente, grazie!».
Il signor Spenlow, che, credo, era rimasto sorpreso a vedere che ci conoscevamo, mise la sua parola in quel punto.
– Son contento di vedere – egli disse – Copperfield, che voi e la signorina Murdstone già vi conoscete.
– Il signor Copperfield e io – disse la signorina Murdstone, con severa compostezza – siamo un po’ parenti.
Negli anni passati ci siamo conosciuti un poco. Egli era bambino. I casi della vita ci hanno da allora separati. Io non l’avrei riconosciuto.
Risposi che io invece l’avrei riconosciuta, dovunque, il che era abbastanza vero.
– La signorina Murdstone ha avuto la bontà – mi disse il signor Spenlow – d’accettare l’ufficio, se così posso chiamarlo, di amica di fiducia di mia figlia Dora. Disgraziatamente mia figlia Dora non ha più la madre, e la signorina Murdstone è stata tanto buona da diventare sua compagna e protettrice.
Mi passò per la testa un’idea, che la signorina Murdstone, come un bastone animato, fosse piuttosto adatta al-l’aggressione che alla protezione. Ma siccome non avevo altri pensieri che quelli che riguardavano Dora, subito dopo guardai Dora, e mi parve di comprendere, dalle sue maniere leggiadramente capricciose, ch’ella non fosse particolarmente disposta a metter tutta la sua fidu-692
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cia nella sua compagna e protettrice. Ma s’udì il tocco d’una campana; il signor Spenlow mi disse che era il primo annuncio del pranzo, e mi condusse nella camera assegnatami perché mi rivestissi per andare a tavola.
L’idea di vestirsi, o di far qualunque altra cosa che im-plicasse un’azione, era un po’ troppo ridicola in quel fervore d’amore. Potei solo rimanermene innanzi al fuoco, mordendo la chiave della valigetta, e pensando all’amabile, seducente, capricciosa e radiosa Dora. Che forme che aveva, che viso che aveva, che leggiadre, varie e incantevoli maniere!
La campana sonò una seconda volta così presto che trattai il mio vestito come un’insalata, invece di operare con la diligenza richiesta dalla circostanza, e corsi da basso a precipizio. V’erano altri ospiti. Dora parlava con un vecchio signore dalla testa grigia. Grigio com’era – e bi-savolo per giunta, com’egli narrò – mi sentii pazzamen-te geloso di lui.
Ahi, la condizione del mio spirito! Ero geloso di tutti. Non potevo sopportar l’idea che altri conoscesse meglio di me il signor Spenlow. Mi straziava sentir qualcuno parlar con lui di avvenimenti nei quali non avevo avuto alcuna parte. Quando una persona molto gentile, dal cranio calvo e lucidissimo, seduta a tavola di fronte a me, mi chiese se quella fosse la prima volta che visitavo la villa, sarei stato capace di rispondergli con un atto di selvaggia vendetta.
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