"Unleash your creativity and unlock your potential with MsgBrains.Com - the innovative platform for nurturing your intellect." » » David Copperfield- Charles Dickens-eBook online free

Add to favorite David Copperfield- Charles Dickens-eBook online free

Select the language in which you want the text you are reading to be translated, then select the words you don't know with the cursor to get the translation above the selected word!




Go to page:
Text Size:

Bene, bene! Dora e io stavamo seduti sul divano, e Jip le giaceva in grembo, ammiccandomi con sguardo pacifico. Io non stavo più nella pelle. Ero in uno stato di perfetta felicità. Dora e io eravamo promessi.

Immagino che appena sapessimo vagamente che la faccenda doveva finire col matrimonio. Certo, perché Dora stabilì che non ci saremmo mai sposati senza il consenso di papà. Ma nella nostra estasi giovanile non credo che noi guardassimo minimamente innanzi o indietro; o che avessimo una diversa aspirazione fuor del presente ignaro. Dovevamo tener segreto il nostro impegno al signor Spenlow; ma non mi entrò mai in testa l’idea che questo non fosse perfettamente onesto.

La signorina Mills apparve più del solito pensosa quando Dora, andata a trovarla, la ricondusse con sé; – forse perché, immagino, ciò che era accaduto le ridestava gli echi assopiti nelle caverne della memoria. Ma ella ci im-partì la sua benedizione e l’assicurazione della sua sem-piterna amicizia, parlandoci in generale come conveniva alla voce d’una sepolta in un chiostro.

Che tempo beato! Che tempo etereo, felice e sciocco fu quello!

Quando misurai il dito di Dora per farle fare un anello 867

Charles Dickens

David Copperfield

composto di non ti scordar di me, e quando il gioielliere al quale portai la misura, indovinando di che si trattava, si mise a ridere trascrivendo il mio ordine e mi fece pagare tutto ciò che volle per il grazioso ninnolo con le pietruzze azzurre, il quale è così strettamente legato nel mio spirito alla mano di Dora, che ieri, quando ne vidi un altro simile al dito di mia figlia, ebbi un momentaneo sussulto in cuore, come di sofferenza...

Quando andavo in giro, esaltato dal mio segreto e pieno della mia importanza, e sentivo tanto la dignità d’amar Dora e d’esserne riamato, che se avessi camminato per aria, non avrei potuto sentirmi più al di sopra di tutti gl’infelici che strisciavano sulla terra...

Quando noi avevamo quei convegni nel giardino della piazzetta, e ci sentivamo così felici in quel polveroso padiglione, che ora amo i passeri di Londra per tale unica ragione, e veggo i colori dell’arcobaleno nelle loro penne affumicate...

Quando scoppiò il nostro primo grande dissenso (una settimana dopo il nostro fidanzamento), e quando Dora mi rimandò l’anello, avvolto in un bigliettino piegato ad angolo, nel quale usava la terribile espressione che «il nostro amore era cominciato con la follia e finiva con la demenza!» le quali tremende parole mi fecero strappare i capelli e gridare che tutto era finito...

Quando, nel manto della notte, io ricorsi dalla signorina 868

Charles Dickens

David Copperfield

Mills, che vidi furtivamente nel retrocucina ove era una macchina per il bucato, e supplicai la signorina Mills d’interporsi fra noi e salvarci da una pazzia...

Quando la signorina Mills acconsentì ad assumersi l’impresa, e ritornò con Dora, esortandoci, dal pergamo della sua amara giovinezza, a mutue concessioni, per sfuggire il deserto di Sahara...

Quando noi piangemmo, e ci riconciliammo, e fummo di nuovo così beati, che il retrocucina con la macchina del bucato e tutto, si mutò in un vero tempio d’amore, dove fu architettato un piano di corrispondenza per mezzo della signorina Mills, da comprendere almeno una lettera al giorno da una parte e dall’altra...

Che tempo beato! Che tempo etereo, sciocco, e felice!

Di tutti i miei tempi che il Tempo ha nelle sue branche, non ve n’è un altro che come quello mi faccia sorridere e m’intenerisca tanto.

869

Charles Dickens

David Copperfield

XXXIV.

UNA SORPRESA DI MIA ZIA

Scrissi ad Agnese, non appena io e Dora ci fummo promessi. Le scrissi una lettera nella quale mi sforzai di farle comprendere quanto io fossi felice e quanto Dora fosse bella e cara.

Supplicai Agnese di non considerar quella mia una futile passione, che potesse mai cedere il posto a un’altra, o che avesse la minima rassomiglianza coi capricci infantili intorno ai quali avevamo scherzato insieme in passato. Le assicurai che la sua profondità non si sarebbe potuta scandagliare, ed espressi la mia convinzione che non se n’era vista mai un’altra come quella.

Non so come, ma scrivendo ad Agnese, in una bella sera, accanto alla finestra aperta e con la visione dei suoi calmi e limpidi occhi e del suo sereno volto, sentii un’influenza così dolce calmare l’agitazione febbrile che mi occupava da qualche tempo, e della quale vibrava la mia stessa beatitudine, che mi misi a piangere. Ricordo che me ne stetti con la testa poggiata sulla mano, a metà della lettera, assorto a fantasticare su Agnese, come se ella fosse uno degli elementi naturali del mio tetto familiare; come se nel ritiro di casa mia, resa quasi 870

Charles Dickens

David Copperfield

sacra dalla sua presenza, Dora e io dovessimo essere più felici che altrove; come se nell’amore, nella gioia, nella tristezza, nella speranza o nella delusione, in tutte le commozioni, il mio cuore si volgesse naturalmente a lei come al suo più sicuro rifugio.

Di Steerforth non le dissi nulla. Le narrai soltanto che a Yarmouth, in seguito alla fuga dell’Emilia, v’era stata una grave desolazione; e che io n’avevo doppiamente sofferto, per le circostanze che l’avevano deter-minata. Sapevo come ella intuisse sempre rapidamente la verità, e che non mi avrebbe mai parlato di lui per la prima.

Ebbi subito risposta alla mia. Leggendola, mi parve di sentire Agnese parlare. Avevo nelle orecchie la sua voce affettuosa. Che posso dir di più?

Durante le mie frequenti assenze da casa, Traddles era venuto due o tre volte. Trovandovi Peggotty e informato da Peggotty (che sempre volentieri rivelava la circostanza a chiunque volesse saperlo) che ella era la mia antica governante, aveva stretto con lei rapporti di lieta familiarità fermandosi volentieri a chiacchierare di me con lei. Così mi disse Peggotty; ma temo che le conversazioni fossero alimentate soltanto da lei e per parecchio, perché era difficilissimo farla tacere, Dio la benedica, quando mi prendeva a soggetto dei suoi discorsi.

Questo mi rammenta non solo che io dovevo attende-871

Charles Dickens

David Copperfield

re Traddles per un certo pomeriggio da lui fissato, ma che la signora Crupp aveva rassegnato ogni cosa di pertinenza del suo ufficio (tranne il salario) fino all’assoluta scomparsa di Peggotty. La signora Crupp, dopo aver conversato lungamente intorno a Peggotty sulle scale, a voce acutamente intonata – forse con qualche invisibile genio familiare, perché fisicamente parlando era sempre sola, – m’indirizzò una lettera, nella quale sviluppava le sue idee. Cominciando con quel principio d’applicazione universale, che ella adattava a ogni circostanza della vita, vale a dire che era una madre anche lei, continuava con l’informarmi che ella aveva veduto dei giorni assai diversi, ma che in tutti i periodi della sua esistenza, aveva avuto sempre una istintiva antipatia per le spie, gli intrusi e i delatori. Lei non faceva nomi, diceva – chi si sentiva toccato, strillasse; – ma i delatori, gl’intrusi e le spie, specialmente in vesti vedovili (questa frase era sot-tolineata), venivan da lei guardati col massimo disprezzo. Se un certo signore si compiaceva d’essere la vittima delle spie, degl’intrusi e dei delatori (sempre senza far nomi), la cosa riguardava soltanto lui. Lui era padronis-simo di far quel che gli pareva e piaceva; ma lei, signora Crupp, domandava semplicemente di non esser messa in

«contatto» con simili persone; Perciò lei mi pregava di tenerla per iscusata se rinunziava di prestarsi più oltre a qualunque servizio nel mio appartamento finché le cose non fossero tornate al pristino stato, come ella si augurava avvenisse presto. Aggiungeva che il suo conticino si 872

Charles Dickens

David Copperfield

sarebbe trovato sul tavolo ogni sabato mattina, e che ne domandava l’immediato saldo, con la benevola intenzione di risparmiar fastidi e malintesi a tutte le parti interessate.

Dopo di ciò, la signora Crupp s’era limitata a metter dei trabocchetti sulle scale, specialmente con l’aiuto di secchi e di brocche, sperando che Peggotty vi si rompesse la noce del collo. Era tormentoso vivere in quello stato d’assedio, ma temevo tanto la signora Crupp che non trovavo la maniera di liberarmene.

– Mio caro Copperfield – esclamò Traddles, apparendo puntualmente alla mia porta, nonostante tutti quegli ostacoli – come stai?

– Mio caro Traddles – risposi, – son felice di rivederti finalmente, e dolentissimo che le altre volte tu non m’abbia trovato in casa. Ma sono stato tanto occupato...

– Sì, sì, lo so – disse Traddles, – naturalmente. La tua sta a Londra, credo.

– Che cosa dici?

– Lei, scusami, la signorina D., sai – disse Traddles, arrossendo nella sua grande delicatezza – sta a Londra, immagino.

– Oh, sì! Vicino a Londra.

– La mia, forse ricordi – disse Traddles, con uno 873

Charles Dickens

Are sens