Tranne Dora, non ricordo affatto chi ci fosse. Non ho la minima idea di ciò che ebbi a pranzo, oltre Dora.
Ho l’impressione che desinassi esclusivamente di Dora, e mandassi via cinque o sei piatti senza assag-giarli. Le sedevo accanto. Le parlavo. Ella aveva una vocina soavissima, il più lieto sorrisetto, i vezzi più incantevoli e affascinanti, che mai fossero serviti a trarre un giovane smarrito nello stato della più disperata schiavitù. Era piuttosto piccola. Tanto più preziosa, pensavo.
Quando uscì dalla stanza con la signora Murdstone (non avevano partecipato altre donne al pranzo), mi misi a fantasticare, non turbato che da un solo timore: che la signorina Murdstone avesse cercato di denigrarmi presso di lei. L’amabile signore dalla testa lucida mi fece un lungo discorso che trattava, credo, di giardinaggio. Mi par che dicesse «il mio giardiniere» parecchie volte. Io mostravo di prestargli la più profonda attenzione, ma, nel frattempo, vagavo con Dora nel giardino dell’Eden.
Il mio timore di esser denigrato presso l’oggetto del mio esclusivo affetto si ridestò, quando passammo in salotto, di fronte alla fosca riserva dipinta sul volto della signorina Murdstone. Ma ne fui liberato in maniera inaspettata.
– Davide Copperfield – disse la signorina Murdstone, facendomi cenno di raggiungerla nel vano d’una finestra. – Una parola.
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David Copperfield
Stetti solo al cospetto della signorina Murdstone.
– Davide Copperfield – disse la signorina Murdstone – non è necessario diffonderci sulle circostanze familiari. Il soggetto non è attraente.
– Tutt’altro, signorina – risposi.
– Tutt’altro – assentì la signorina Murdstone.
Io non ho alcun desiderio di ricordare gli antichi litigi, o le antiche ingiurie. Io fui ingiuriata da una persona...
una donna, mi dispiace di dirlo per l’onore del mio sesso... che non posso ricordare senza disprezzo e nausea; e perciò sarà meglio non nominarla.
Fervevo di collera per conto di mia zia; ma dissi che sarebbe stato certamente meglio, secondo il piacere della signorina Murdstone, non nominarla. Aggiunsi che dal canto mio non avrei sopportato che si fosse parlato di quella persona in modo men che rispettoso, senza esprimere la mia opinione in tono reciso.
La signorina Murdstone chiuse gli occhi, e disdegnosamente chinò la testa; poi, riaprendoli, pianamente ripigliò:
– Davide Copperfield, non tenterò di nascondere il fatto che nella vostra infanzia mi formai di voi una cattiva opinione. Posso aver errato, o voi potete aver cessato di giustificarla. Ma ora non si tratta di questo. Appartengo a una famiglia onorevole, credo, per fermezza di caratte-695
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re; e non son tale da lasciarmi governare dalle circostanze o da qualunque mutamento.
Io posso avere la mia opinione di voi; voi potete avere la vostra opinione di me.
Io chinai la testa a mia volta.
– Ma non è necessario – disse la signorina Murdstone –
che queste opinioni debbano proprio venire a cozzare qui. Nelle circostanze attuali è bene, per tante ragioni, che questo non avvenga. Siccome i casi della vita ci hanno fatto incontrare qui, e possono farci incontrare altrove, direi di comportarci come semplici conoscenti. Le nostre lontane relazioni familiari sono una ragione sufficiente per spiegare questo genere di rapporti fra noi; e non è necessario che l’uno o l’altro di noi debba far l’altro oggetto delle proprie osservazioni. Approvate questo accordo?
– Signorina Murdstone – risposi – io son persuaso che voi e il signor Murdstone vi comportaste con me molto crudelmente, e che trattaste molto duramente mia madre. Penserò così fin che campo. Ma son perfettamente d’accordo con voi in ciò che mi proponete.
La signorina Murdstone di nuovo chiuse gli occhi, e piegò la testa. Poi, toccandomi appena il dorso della mano con le punte delle sue dita rigide e fredde, s’allontanò accomodandosi le catenine dei polsi e del collo: che sembravano fossero lo stesso finimento, nello stesso 696
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preciso stato, dell’ultima volta che l’avevo vista. Esse mi rammentavano, in rapporto all’indole della signorina Murdstone, le catene e il ferro di una porta di prigione, che danno dall’esterno ai riguardanti l’idea di ciò che possono trovar nell’interno.
Tutto ciò che so, del resto della serata, si è che udii l’im-peratrice del mio cuore cantare affascinanti ballate in lingua francese, le quali dicevano in generale che, comunque l’andasse, dovevamo sempre ballare. Tra ra la, Tra ra la. Ella si accompagnava su un incantevole strumento che somigliava a una Chitarra. So che io ero perduto in un mare di beatitudine. Che rifiutai ogni rinfresco. Che l’anima mia ebbe un orrore particolare del ponce. Che quando la signorina Murdstone si levò per prendere in custodia e condur via Dora, questa mi sorrise e mi diede da stringere una manina deliziosa. Che vidi per caso la mia immagine in uno specchio, e mi parve quella d’un perfetto idiota. Che andai a letto in una semie-brietà di spirito, e mi levai con un principio di demenza.
Era una bella mattina, e di buon’ora, e pensai d’andar giù in giardino a passeggiare sotto uno di quei viali coperti di filo ad arco, e secondare la mia passione fanta-sticando sulla immagine di lei. Arrivando nel vestibolo, incontrai il suo cagnolino, che si chiamava Jip – diminutivo di Gipsy. Gli andai da presso teneramente, perché volevo bene anche a lui; ma esso mi mostrò tutti i suoi denti, andò a ficcarsi sotto una sedia a bella posta per 697
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ringhiare, e non volle saperne della minima mia carezza.
Il giardino era freddo e solitario. Mi misi a passeggiare immaginando che grande felicità sarebbe stata la mia, se avessi potuto mai fidanzarmi a quella cara meraviglia.
Quanto al matrimonio, al patrimonio e simili cose, credo che allora avessi la stessa innocenza di quando volevo bene all’Emilietta, e non ci pensassi minimamente. Avere il permesso di chiamarla «Dora», di scriverle, volerle bene, adorarla, aver ragione di pensare che quand’ella era con altri pensasse ancora a me, mi sembrava fosse il colmo dell’ambizione umana: certo era il colmo della mia. Non c’è alcun dubbio ch’ero un giovane spasiman-te sentimentale e sciocco; ma in tutto ciò v’era una purezza di cuore che m’impedisce di ridere di quei ricordi, per quanto mi sforzi di riderne.
Era da poco che passeggiavo, quando, a una svolta, me la incontrai a faccia a faccia. Sento di nuovo un tuffo al sangue, se con la fantasia giro quella svolta, e la penna mi trema in mano:
– Siete... siete... uscita presto, signorina Spenlow –
dissi.
– È così noioso stare in casa – ella rispose – e la signorina Murdstone è così originale! Dice tante sciocchezze sulla necessità che l’aria sia ben purificata prima di uscire. Purificata! (Rise, qui, nella maniera più melodiosa.) La domenica mattina, che non studio, debbo pur far 698