– Certo, avete ragione! – disse Omer. – Bene, signore! Suo cugino... sapete che deve sposare il cugino.
– Oh, sì! – risposi. – Lo conosco.
– Naturalmente lo conoscete. – disse Omer. – Bene, signore! Suo cugino che, come sembra, è in buone 782
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condizioni, e guadagna bene, mi ringraziò per questo con molta cordialità (comportandosi in un modo che mi fa pensar molto bene di lui) e appigionò una bella casetta che non si potrebbe desiderare migliore. La casetta è ora arredata, tutta quanta, dal tetto in giù, e pulita ed elegante come il salotto d’una bambola; e già essi sarebbero stati a quest’ora marito e moglie, se la malattia di Barkis, povero diavolo, non avesse preso una cattiva piega. Allo stato delle cose, c’è un rinvio.
– Ed Emilia, signor Omer? – io chiesi. – È diventata più calma.
– Ah, ma questo, sapete – egli rispose, stropicciandosi di nuovo il mento – non si poteva sperare! La prospettiva del mutamento e della separazione è, si può dire, vicina e lontana, nello stesso tempo. La morte di Barkis non ritarderebbe molto le cose; ma le ritarderebbe se andasse per le lunghe. A ogni modo, come vedete, è uno stato di cose molto incerto.
– Vedo – dissi.
– Per conseguenza – proseguì Omer – Emilia è sempre un po’ abbattuta e un po’ agitata; forse, dopo tutto, lo è più che mai. Ogni giorno sembra attaccarsi più tenacemente allo zio, e più riluttante a separarsi da tutti noi. Se le dico una parola gentile, la vedo subito con le lagrime agli occhi; e se voi la vedeste con la piccina di mia figlia Minnie, non la dimentichereste mai più. È, incredibile –
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disse Omer meditabondo – come vuol bene a quella bambina!
L’occasione mi parve favorevole per domandare ad Omer, prima che la nostra conversazione potesse essere interrotta dal ritorno di sua figlia e del genero, se sapesse nulla di Marta.
– Ah! – egli soggiunse, scotendo il capo, con tono d’abbattimento. – Niente di buono. Una storia dolorosa, signore, comunque si voglia considerarla. Io non ho mai creduto che quella ragazza fosse depravata. Non lo direi innanzi a mia figlia Minnie... perché si ribellerebbe immediatamente... ma non l’ho mai creduto. Nessuno di noi l’ha mai creduto.
Omer, sentendo il passo di sua figlia prima che lo udissi io, mi toccò con la pipa, e chiuse un occhio in segno di avvertimento. Ella e il marito entrarono immediatamente dopo.
Le loro notizie furono che Barkis, «peggio di così non poteva stare», che aveva perduto i sensi; e che il signor Chillip aveva tristemente detto nella cucina, mentre essi uscivano, che la Corporazione dei medici, la Corporazione dei chirurghi e tutto l’Ordine dei farmacisti, messi tutti in mazzo, non avrebbero potuto arrecargli giovamento di sorta. I chirurghi e i medici non potevano assolutamente più nulla, e l’Ordine dei farmacisti poteva solo avvelenarlo.
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Sentendo questo, e apprendendo che il signor Peggotty era in casa di Barkis, deliberai d’andarvi subito. Dissi buona sera ad Omer e ai signori Joram, e m’avviai, con un sentimento solenne che mi trasformava Barkis in un essere nuovo e diverso.
Picchiai piano alla porta, e mi venne ad aprire il pescatore Peggotty.
Come se fossi atteso, non si meravigliò di vedermi. Notai che anche Peggotty, quando venne da basso, si comportò allo stesso modo: di poi m’è occorso di veder la stessa cosa; e credo che nell’attesa di quella tremenda sorpresa, ogni altra persona e ogni altro mutamento non significhino più nulla.
Strinsi la mano al pescatore Peggotty, ed entrai nella cucina, mentre egli chiudeva pianamente la porta. L’Emilietta sedeva accanto al fuoco, con le mani innanzi al viso. Cam era in piedi al suo fianco.
Parlammo, sottovoce, fermandoci di tanto in tanto per sentire se si avvertisse qualche rumore nella camera di sopra. Non ci avevo pensato nell’occasione della mia ultima visita; ma come mi sembrava strano ora non vedere Barkis in cucina!
– Siete stato molto gentile, signorino Davy – disse il pescatore Peggotty.
– Oh, sì, molto gentile! – disse Cam.
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– Emilia, diletta mia – esclamò il pescatore Peggotty.
– Non vedi? È venuto il signorino Davy. Su, coraggio, cara! Non dici nulla al signorino Davy?
Ella tremava in tutte le membra, e mi par di vederla ancora. Quando la toccai sentii che aveva la mano ghiacciata, e mi par di sentirla ancora. Ella non diede altro segno di vita che col ritirarla dalla mia; e poi lasciandosi scivolare dalla sedia, e avvicinandosi pian piano allo zio dall’altra parte, gli si chinò cheta e tremante sul petto.
– È così affezionata – disse il pescatore Peggotty, carezzandole l’abbondante capigliatura con la grossa mano callosa – che non può sopportare questa disgrazia. È naturale... I giovani non sono avvezzi a questa specie di prove, e sono timidi come uccellini... è naturale.
Ella gli si strinse più da presso, ma senza levare il viso e senza dire una parola.
– Si fa tardi, cara – disse il pescatore Peggotty – ed ecco Cam che ti condurrà a casa. Su, va’ a casa con quest’altro cuore affezionato. Che, Emilia? Che mi dici, cara?
Il suono della voce di lei non mi aveva raggiunto; ma egli abbassò la testa come per ascoltarla, dicendo:
– Vuoi star con tuo zio? E questo che vuoi dirmi? Star con tuo zio, bambina mia, quando Cam, che sarà presto tuo marito, è qui per condurti a casa? Ebbene, nessuno crederebbe, a veder questa creatura a fianco di un uomo 786
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